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Sala Consilina. Giornata straordinaria Venerdì 22 marzo 2019, presso il Teatro Comunale Mario Scarpetta in Sala Consilina (SA), laddove l’Associazione Giorgio Ambrosoli Salerno, la Banca Monte Pruno, Credito Cooperativo di Fisciano, Roscigno e Laurino e il Comune di Sala Consilina, hanno ricordato “La vicenda umana e professionale dell’Avv. Giorgio Ambrosoli: quale lascito?”

 

 

Venerdì 22 marzo 2019 si è svolta, dalle ore 9:30, presso il Teatro Comunale Mario Scarpetta in Sala Consilina (SA), in due moduli temporali, una giornata, risultata davvero straordinaria, in onore di Giorgio Ambrosoli. Da brividi sulla pelle per ricordare un uomo che non c’è più e che, tuttavia, ha impresso nella società un’impronta indelebile iniziata con la presenza degli studenti dell’I.I.S.S. “Marco Tullio Cicerone” di Sala Consilina allo spettacolo nella forma del teatro-canzone, intitolato “Giorgio Ambrosoli”, di e con Luca Maciacchini (durata: settanta minuti) e con il successivo libero contributo di professori ed allievi tra cui la Prof.ssa Anna Colucci, sul palco del Teatro e continuata dalle ore 16:00.

Difatti, l’Associazione Giorgio Ambrosoli Salerno,la Banca Monte Pruno, Credito Cooperativo di Fisciano, Roscigno e Laurino e il Comune di Sala Consilina, con il patrocinio del co-organizzatore Ordine degli Avvocati di Lagonegro e l’ulteriore patrocinio dell’Ordine degli Avvocati di Salerno, hanno presentato: “La vicenda umana e professionale dell’Avv. Giorgio Ambrosoli: quale lascito?”

 Ha funto da parte ricomponente lo spettacolo intitolato “Giorgio Ambrosoli”, di e con Luca Maciacchini ispirato alla vita di Ambrosoli, grazie anche alle testimonianze dirette dei familiari.
Riallacciandosi alla XXIV Giornata della Memoria e dell’Impegno che ricorda tutte le vittime innocenti delle mafie, svolta a Padova, il 21 marzo con l’intento di rinnovare, in nome di quelle vittime, l'impegno nella lotta alla criminalità organizzata e alla corruzione, Francesca Ambrosoli ha rivolto un saluto ai presenti della manifestazione di Sala Consilina:

-“ Carissimi, in continuità con la giornata della memoria e dell'impegno di ieri, con l'abbraccio della calorosa piazza di Padova, ma soprattutto con il desiderio sincero di veder crescere uomini ricchi di valori autentici, capaci di trarre il meglio dalle storie altrui per farle proprie. Capaci di affrontare sfide con gusto, col desiderio di conoscenza e responsabilità. A quarant'anni circa dalla tragica fine di mio padre, non mi resta che ammettere quanto dei suoi insegnamenti sia continuamente visibili in voi, nel voler perseguire i vostri ideali non tanto per interesse proprio ma piuttosto per l'interesse del Bene del Paese. Vi auguro che quei valori civili siano con voi ogni giorno a ricordarvi la differenza che ogni vostro gesto può contare per migliorare l'intera società. La libertà è un bene preziosissimo di cui ognuno di noi è custode: che la coscienza ci guidi, illuminando il nostro cammino verso la verità e la giustizia. Abbiamo solo questa vita, ma possiamo farne un capolavoro. Auguri a tutti e grazie! Francesca Ambrosoli figlia di Giorgio Ambrosoli.”-

Nel corso della mattina sono intervenuti circa 450 studenti del "Cicerone" di Sala Consilina accompagnati dalla Dirigente Antonella Vairo e dai Professori. Nel pomeriggio, moltissimi gli avvocati giunti per ascoltare le relazioni. Un ringraziamento è andato all'Ordine di Lagonegro, nella persona  dell’Avv. Gherardo Cappelli, Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Lagonegro e all’Ordine degli avvocati di Salerno, nella persona dell’Avv. Americo Montera, Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Salerno,per aver organizzato con l’Associazione Giorgio Ambrosoli di Salerno la bellissima giornata, concedendo anche i crediti formativi, specie quelli deontologici.

Un merito senza dubbio al Comune di Sala, al Sindaco Cavallone, al dr. Michele Esposito, all’architetto  Gelsomina "Gelsi" Lombardi, Assessore alla cultura del Comune di Sala Consilina ed ovviamente alla Banca Monte Pruno, nella persona del Presidente Michele Albanese, al Procuratore della Repubblica di Lagonegro, Gianfranco  Donadio, al vicedirettore generale della Banca Monte Pruno, Antonio Mastrandrea ed al prof. Giovanni Capo, Ordinario di Diritto commerciale presso l’Università degli studi di Salerno. A tutti quanti hanno partecipato ed  arricchito l'evento con le loro relazioni, a Luca Maciacchini, un artista, una persona luminosa, all’Avv. Nicola Colucci, Responsabile per il Vallo di Diano Associazione Giorgio Ambrosoli Salerno e all’Avv. Pasquale D’Aiuto, Segretario Associazione Giorgio Ambrosoli Salerno, ideatori dell’evento; ovviamente i complimenti al Dott. Angelo Raffaele Battista, Presidente Associazione Giorgio Ambrosoli Salerno, ai giornalisti  moderatori Giuseppe Geppino D'Amico ed Erminio Cioffi.

Siffatto giorno della memoria dedicato ad Ambrosoli ha permesso, dunque, di approfondire la storia umana e professionale di questo "gigante" lasciando trasparire come nella sua vita si fondessero e confondessero amore, amicizia, odio e vendetta. Un uomo che ha sacrificato la propria vita per lo Stato. Giorgio Ambrosoli è l'esempio di come sia possibile, senza piegarsi alle pressioni, fare scelte che possono capovolgere il sistema del privilegio e del sopruso in favore del bene comune e del diritto. Ha dimostrato come non tutti abbiano un prezzo di scambio e che, senza la coscienza di singoli che antepongono la necessità di rispettare le norme e con esse la convivenza civile, alla propria vita, le leggi da sole non bastino a salvare una società.  In proposito il figlio Umberto, nella parte finale del libro dedicato al padre, ha scritto:

-"Non bisogna fare l'errore di pensarlo, perché c'è una parte del Paese, come già lui a suo tempo, che senza guerre sante, anche nella solitudine, sa essere libera, consapevole, coerente: qualunque cosa succeda".

La preside Antonella Vairo  ha precisato come si sia riusciti a coinvolgere gli studenti in una lezione interessante e non cattedratica su tematiche importanti per la loro crescita culturale ed umana, dicendosi grata per l’emozionante esperienza. L’attore Lucio Maciacchini ha ringraziato l'associazione "Giorgio Ambrosoli" di SALERNO e  tutti i presenti per avere ospitato lo spettacolo nello splendido contesto del Teatro MARIO SCARPETTA di Sala Consilina.

Bianca Fasano.

LA SOTTILE LINEA BIANCA

 

UOMINI IN CAMBIO DI CARBONE.

 

Il nostro paese a partire dal 23 giugno 1946 , scambiò con Bruxelles  uomini in cambio di combustibile . Fu infatti  firmato a Roma, in quella data, un protocollo per il trasferimento di 50.000 lavoratori italiani nelle miniere belghe, il cosiddetto accordo “uomo-carbone”, siglato dal primo ministro De Gasperi e dal suo omologo Van Acker.

Fa da contrappasso a questo ricordo la teoria “immigrati in cambio di flessibilità, che circola almeno dall’aprile 2016, quando ne parlò l’allora presidente del Comitato di controllo Schengen ossia la deputata di Forza Italia Laura Ravetto. Il presunto accordo tra governo Renzi ed Unione Europea sarebbe stato ufficializzato durante l’estate e l’autunno del 2014, mentre veniva negoziato il lancio dell’operazione Triton, ossia la missione europea per la protezione delle frontiere marittime italiane guidata dall’agenzia Frontex.

Ma torniamo ai minatori:

Tra il 1946 e il 1957 gli italiani espatriati verso quella terra, che si riteneva essere un paradiso (almeno come appare l’Italia agli attuali immigrati), sono stati 223.972, rispetto ai 51.674 rimpatri. Si trattava di un afflusso senza antecedenti simili, che il Belgio (otto milioni e mezzo di abitanti nel 1950) non era assolutamente preparato a ricevere. Difatti le famiglie italiane, quando arrivarono, finirono nelle baracche, ossia nelle costruzioni di lamiera che durante la Seconda Guerra Mondiale erano state  utilizzate prima come lager dai nazisti e poi come campo di prigionia per gli stessi tedeschi. 

 Il contratto prevedeva per i minatori un periodo minimo di un anno di lavoro (pena l'arresto in caso di rescissione da parte loro). Per 8 anni, per molti di loro  fino al giorno della tragedia di  Marcinelle, gli italiani lavorarono giorno e notte in cunicoli alti appena 50 centimetri a più di 1000 metri dentro le viscere della terra, spesso vittime di esplosioni di grisù e di malattie gravi come la silicosi.

Lasciavano le campagne, l’aria aperta e l’Italia (del sud), perché avevano bisogno di soldi, e durante la prima discesa “al fondo”, certamente si dicevano: “Se risalgo in superficie, laggiù non ci torno più”.

In tanti sono morti di silicosi, che rende il respiro corto e uccide. In molti sono sopravvissuti, ammalati o “quasi sani”. Alcuni sono ritornati in patria, altri divenuti “Belgioti”.

Trovarono un lavoro che una parte dei belgi non volevano più fare perché volevano “abbandonare una fatica quanto mai ingrata ed abbrutente, nociva, mal retribuita e pericolosa”. Tanto c’erano gli italiani a prendere il loro posto, che furono spediti dal primo ministro De Gasperi a procurare carbone, ad uccidersi  di lavoro, in nome della necessità.

La storia di tanti si concluse nella miniera di Marcinelle, diventata famosa a motivo dell’incidente che, l’8 agosto 1956, causò la morte di 262 minatori, tra cui 136 italiani. Gli ultimi corpi furono ritrovati il 22 marzo del 1957, mentre si dava inizio all'inchiesta su chi avesse la colpa della tragedia. Come supponibile, la Commissione belga (nella quale furono chiamati anche alcuni ingegneri minerari italiani), discolpò la società delle miniere del Bois du Cazier (il vero nome delle Marcinelle), in un percorso zeppo di mancanze e vizi di forma.  l’unico condannato fu, nel 1961, Adolphe Cilicis, un ingegnere che dirigeva i lavori della miniera, mentre già nel 1959 i dirigenti della miniera erano stati assolti dalle accuse di inadempienza. Dopo l’incidente, il sito minerario riprese a lavorare circa un anno più tardi, prima di cessare del tutto le attività nel 1967. 

 I superstiti dell’incidente furono soltanto 13. Le vittime non ebbero né giustizia né risarcimento in quell'estate di 60 anni fa, al tempo in cui gli italiani, cercando una nuova terra che li accogliesse, non morivano annegando in mare, ma sotto terra, immersi nei cunicoli, ad estrarre carbone.

BiEffe

Foto da: http://reportage.corriere.it/esteri/2016/la-memoria-dei-minatori-italiani-in-belgio/

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COME ARRIVARONO I NERI IN AMERICA. QUANDO ARRIVARONO I COLONIZZATORI IN AFRICA.

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Il numero in percentuale di cittadini neri degli Stati Uniti è del 13,3 per cento. Certamente meno di quanti saremmo portati a credere. Distinguendo solo tra bianchi e non-bianchi: i non-bianchi sono, invece, il 22,9 per cento della popolazione. Soltanto l’1,2 per cento è di origine nativa americana. Non desidero inoltrami sul fatto che l’America non appartenesse “agli americani”, ma ricordare, invece, come sono arrivati lì i così detti “neri degli Stati Uniti”.
Non certamente su barconi semi galleggianti, in cerca di emigrazione, come accade oggi, piuttosto per via della tratta degli schiavi , che viene citata come “Maafa” nella lingua swahili, ovvero “Disastro”, visto che il 15% della merce moriva per disidratazione (bevevano solo mezzo litro d’acqua al giorno) o per le condizioni vorrei dire bestiali (tuttavia gli animali di allevamento, essendo costosi, sono trattati meglio), con cui venivano trasportati.
Diversamente da quanto si crede non tutti i cittadini del sud possedevano schiavi e quelli che ne avevano giungevano ad un massimo di 5. Erano pochi gli schiavisti anche tra gli indigeni nord americani. In effetti il cotone prodotto al sud serviva ad accontentare la richiesta del nord (molto più industrializzato) per fabbricare vestiti. Tra quelli anche gli abiti che tornavano al sud per coprire quegli stessi schiavi che raccoglievano il cotone. In maggioranza gli schiavi rapiti erano uomini.
Può sembrare strano però Il primo caso di schiavitù legale fu registrato nel 1655 e riguarda un uomo di colore, di nome Anthony Johnson ( di origine angolana ed ex schiavo egli stesso) che vinse una causa per cui costrinse un certo John Casor a servirlo legalmente per sempre come proprio padrone. Entrambi gli uomini erano neri.
Brutto da ricordare che tra le donne schiave, alcune venivano spedite nei bordelli (una prostituta su tre nel far west era una schiava), mentre gli uomini finivano nelle piantagioni di tabacco, zucchero e cotone oppure ottenevano ruoli nella cura della casa o come compagni dei propri padroni ed i più fortunati ed intelligenti divenivano sovrintendenti delle piantagioni e (come accadeva nei lager nazisti coi Kapò), acquisivano il potere di picchiare altri schiavi se lo ritenevano necessario. 
Come sempre, quando si vuole far del male ad una “razza” si tendeva a “deumanizzare” il gruppo etnico, a livello di animali, allo scopo di far sentire i colonialisti in pace con la loro coscienza.
La popolazione oppressa più di una volta tenterà di ribellarsi con estrema rabbia e con ferocia e tra queste ricordiamo la ribellione del 21 agosto 1831 in cui Nat Turne (un predicatore religioso capace di leggere e scrivere), guidò la rivolta degli schiavi della contea di Southampton durante la quale passò casa per casa ammazzando tutti i bianchi (donne e bambini compresi) e liberando gli schiavi fino a raggiungere un totale di 70 neri liberati e 60 persone uccise. Fermati dalla milizia, le condizioni di vita degli schiavi divennero ancora più brutte, per cui molti schiavi non si sollevarono più ma lottarono rifiutando la disumanizzazione e formando famiglie. Piccoli nuclei familiari in cui sentirsi al sicuro e fieri, che spesso erano divisi con la vendita dei bambini o dei genitori ad altre piantagioni. 
Non voglio descrivere tutte le fasi che vanno dall’epoca della schiavitù, ossia dal 1641, con la prima legge che permette la proprietà sui neri a Boston, fino al 1865 con la dichiarazione di emancipazione post guerra civile. 
Certamente però occorre ricordare che la questione divise gli Stati Uniti finché si giunse al la nascita degli Stati Confederati d’America il 1861, i quali dichiararono la secessione dall’Unione e diedero così luogo alla Guerra Civile Americana. 
Condusse alla morte di 620’000 persone (un numero enorme), e al “tredicesimo emendamento” da parte di Lincoln, e quindi la schiavitù fu finalmente abolita, ma il sentiero per l’uguaglianza sarebbe stato ancora lungo passando per la segregazione razziale che separava i bianchi dai neri in ogni spazio della vita quotidiana. 
Bagni, pullman, scuole, chiese. Anche nel nord la segregazione separava la società in due colori. Si formeranno diversi movimenti dei neri per i propri diritti come il NAACP (National Association for the Advancement of Colored People) nel 1909 e il SCLC (Southern Christian Leadership Conference) del dottor Martin Luther King nel 1957.
Veniamo ad oggi. Fermo restando che i neri d’America non sono giunti su quelle sponde per loro volontà occorre ricordare che non c’è stato un posto dell’Africa che non sia stato colonizzato. 
La colonizzazione dell’Africa da parte delle nazioni europee, parte dall'XI secolo circa, fino a raggiungere il proprio apice nella seconda metà del XIX secolo. 
Il suo territorio fu letteralmente spartito da Francia e Gran Bretagna e, in misura minore, Germania, Portogallo, Italia, Belgio e Spagna. Si ebbe quindi prima il colonialismo commerciale e poi il così detto colonialismo moderno.
Occorre dire a testa bassa che soltanto in alcuni casi la presenza europea in Africa portò ad un miglioramento delle regioni occupate, per esempio attraverso la costruzione di infrastrutture, quali strade, ponti, ospedali, scuole, tribunali ed altro. Purtroppo nei luoghi in cui si fissarono le comunità di origine europea (l’esempio più rappresentativo è il Sudafrica) la popolazione locale fu in linea di massima separata dai bianchi sia politicamente sia economicamente.

Infine: ci meravigliamo di vederli da noi?

​

 Bianca Fasano.

​

LA SOTTILE LINEA BIANCA.

 

Non solo otto marzo

 

 

 

Gli occhi delle donne nei manifesti dell’otto marzo mi osservano e, come i miei, si specchiano Glass Ceiling (soffitto di cristallo). Osservando i manifesti pensati da sindacati cui non voglio fare pubblicità, non posso non fare mia la frase: “l’otto tutti i giorni”.

Mi sono sentita chiamare in causa e ho inserito i miei, di occhi, nella foto del manifesto. Purtroppo è un dato di fatto che modelli, approcci e regimi professionali, culturali ed organizzativi rappresentino un insieme che opera con determinazione sul permanere della segregazione di tipo sessuale praticamente in tutti gli ambiti del sociale. Esiste ancora oggi una barriera che da un lato impedisce l’accesso e la permanenza femminile in settori considerati “tipicamente maschili”, mentre dall’altro non permette l’avvicinamento maschile ai settori “tradizionalmente femminili” (segregazione orizzontale), in barba ai timidi tentativi legislativi di contrasto. Lo stesso insieme genera sia il consolidamento del “soffitto di cristallo” che, in contesti organizzativi, il blocco dei percorsi di carriera femminili e in conseguenza relega le donne ai livelli medio bassi degli ambiti professionali (segregazione verticale), sia la successiva costruzione di “pareti di cristallo” che costituiscono aggiuntivi fattori di delimitazione della costituente femminile, la quale resta, in conseguenza di ciò, inevitabilmente ai margini dei centri di potere informali.

Smantellare la divaricazione sessista del mercato del lavoro tra aree female intensive (come la cura e l’educazione) e aree male intensive (come i settori della tecnologia e della meccanica), si fissa in prospettiva anche nell’ottica di combattere la segregazione verticale. Lo smantellamento degli sbarramenti all’ammissione verso determinate aree produttive, non risolve però la problematica dello sviluppo dei percorsi di carriera, che, anzi in questi casi si accresce di un elemento aggiuntivo di difficoltà. La lotta alla segregazione verticale si deve realizzare con la creazione di modelli gestionali delle risorse umane capaci anche di avviare dispositivi di correzione dei regimi professionali attualmente esistenti, anche mediante la sperimentazione di nuove forme di organizzazione del lavoro e della valorizzazione di competenze, in grado di agire contemporaneamente nell’ambito della risorsa umana e dei vertici dell’organizzazione.

La desegregazione orizzontale del mercato del lavoro deve essere affrontata attraverso interventi di promozione e incentivazione che operino verso il riequilibrio di genere nelle aree professionali, alcune delle quali vengono ritenute per tradizione poco aggredibili per la risorsa femminile e “poco appetibili” per la parte maschile; basti pensare come, nelle scuole, la parte femminile sia divenuta preponderante. Mi verrebbe fatto di pensare: “quando la nave affonda i topi scappano”, che mi perdonino gli uomini per il paragone. Questi squilibri di rappresentanza non sono riconducibili esclusivamente a gap di tipo intellettuale, perciò gli interventi mirano ad incoraggiare la percezione del diversity management, operando non soltanto sul versante dell’aggiornamento e dello sviluppo delle competenze, ma anche sulla percezione sociale e culturale di ruoli e professioni tipizzate nel tempo. La dimensione della conciliazione tra vita e lavoro necessariamente dovrà operare molto a lungo termine, nella prospettiva di un riequilibrio dei carichi di lavoro tra uomini e donne tale da sviluppare una genitorialità “inclusiva” capace di fornire pari opportunità a padri e madri sia dal punto di vista familiare sia in quella professionale, o in conseguenza del diritto ad una migliore qualità della vita per uomini e donne che lavorano.

 

Bianca Fasano

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ACCADEMIA DEI PARMENIDEI UFFICIO STAMPA

STATUTO DELL'ACCADEMIA DEI PARMENIDEI

 

Articolo 1


L'ASSOCIAZIONE DENOMINATA "ACCADEMIA DEI PARMENIDEI" É UNA LIBERA ISTITUZIONE EDUCATIVO - CULTURALE, SOPRANNAZIONALE, APOLITICA ED APARTITICA. OSSEQUIENTE ALLE LEGGI DELLO STATO: ESSA. SENZA SCOPO DI LUCRO. SI PROPONE DI ESSERE UN PUNTO DI RIFERIMENTO IDEALE ED OPERATIVO PER LA REALIZZAZIONE DI PROPOSTE ED INIZIATIVE ARTISTICO - CULTURALI E SOCIO - RICREATIVE.

Articolo 2


LA SEDE DELL'ASSOCIAZIONE É IN NAPOLI, VIA F. CILEA 102, 80127 E CASALVELINO (SA) ELEA - VELIA,

E-mail parmenide2008ibero.it

eventiparmenide@libero.it

a.buonarroti@tiscali.it

 

Articolo 3


GLI SCOPI PRECIPUI DELLA "ACCADEMIA DEI PARMENIDEI" SONO: 
A) - IL RINNOVAMENTO DELLA VITA E DELLA CULTURA DELL'UOMO, E QUINDI L'ELEVAZIONE E LA PROMOZIONE DEI PROGRESSO DEI POPOLI. NELLA RICERCA DELLA LIBERTÀ. DELLA GIUSTIZIA. DELLA PACE E, QUINDI DELLA FRATELLANZA UNIVERSALE. 
B) - LA COLLABORAZIONE CON TUTTI GLI UOMINI PER LA COSTRUZIONE DI UN MONDO PIÙ UMANO E CRISTIANO.
C) - L'INCREMENTO ALLO STUDIO DELLE VARIE DISCIPLINE STORICHE. SCIENTIFICHE, GIURIDICHE, SOCIALI, LETTERARIE, ARTISTICHE. TECNOLOGICHE E SIMILI SI DA RAGGIUNGERE MEDIAMENTE PIÙ ALTI CONCETTI DEl VERO, DEL BUONO, DEI BELLO E DELL'UTILE. UN GIUDIZIO DI VALORE UNIVERSALE ED UNA PIÙ PIENA CONOSCENZA DELLA NATURA DELL'UOMO.
D) - L'ISTITUZIONE DI CORSI DI STUDIO. CONCORSI, PREMI, MOSTRE E RASSEGNE: PROMUOVERE CONVEGNI, INCONTRI, DIBATTITI, CONFERENZE, SIMPOSI, E QUALSIASI MANIFESTAZIONE CHE POSSA ESSERE NECESSARIA ED UTILE PER IL CONSEGUIMENTO DEGLI SCOPI STATUTARI.
E) - AGGREGARE COLORO CHE INTENDONO IMPEGNARSI IN TUTTE QUELLE DISCIPLINE ARTISTICO CULTURALI E SOCIO - RICREATIVE IVI COMPRESE DANZA E RECITAZIONE. 

L’UFFICIO STAMPA DELL’ACCADEMIA DEI PARMENIDEI FORNISCE UN SERVIZIO GRATUITO A PERSONE, FATTI, INIZIATIVE (SOCIALI E CULTURALI), ASSOCIAZIONI E IN GENERALE A QUANTO PROMUOVE GLI SCOPI DELL’ACCADEMIA STESSA.

L’ASSOCIAZIONE è STATA FONDATA NEL 1995.

IL PRESIDENTE. BIANCA FASANO.

IL SITO ATTUALE E’: https://parmenide2008.wixsite.com/ilmiosito?fbclid=IwAR2qh3e3GjPQsm-7VIAqs-SkJuoMOrljJWkuN6jr7NVKMACHNV8MHNWQX-A

Per Ufficio Stampa parmenide2008@libero.it

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